A rendere note le cifre è il Dipartimento del Lavoro Usa, il quale ha aggiunto che sempre a maggio il tasso di disoccupazione è sceso tuttavia al 4,7%, meglio del 5% atteso, con il tasso di partecipazione in calo al 62,6%.
Gli Stati Uniti creano meno lavoro rispetto a quanto previsto alla vigilia. Chi pensava a 160.000 nuovi posti di lavoro creati è rimasto deluso, perché il dato effettivo è stato non superiore a 38.000 posti. I nuovi posti di lavoro creati dal settore privato sono invece cresciuti di 25.000 unità .
A rendere note le cifre è il Dipartimento del Lavoro Usa, il quale ha aggiunto che sempre a maggio il tasso di disoccupazione è sceso tuttavia al 4,7%, meglio del 5% atteso, con il tasso di partecipazione in calo al 62,6%.
Negativo anche il dato sui nuovi posti di lavoro nei settori non agricoli di aprile, che è stato rivisto al ribasso a +123.000 da +160.000 unità e quello di marzo a +186.000 da +208.000.
La retribuzione media oraria è invece salita in linea con il consenso dello 0,2% mensile, a 25,6 dollari.
Di fronte a dati così deludenti il mercato “sta abbandonando l’ipotesi di un aumento dei tassi a giugno“, rimettendo in discussione anche l’eventualità di un rialzo a luglio. La reazione, seppur “istintiva”, è “visibile”, secondo gli esperti:
 Non a caso, il cambio euro/usd è salito da 1,1144 a 1,1291 ma il cross sta puntando dritto verso quota 1,13. Dopo numeri così sorprendentemente deludenti è praticamente impossibile aspettarsi una stretta monetaria parte della Fed nel breve periodo, anche alla luce dei rischi connessi all’imminente referendum sulla Brexit. Intanto i mercati europei hanno reagito male ai nuovi dati americani. Milano cede lo 0,7% dopo essere tornata in positivo a metà seduta. Anche Parigi e Francoforte sono in territorio negativo, per circa lo 0,2%.
In questo caso non vale il meccanismo per cui un dato economico negativo beneficia i mercati perché allontana eventuali strette monetarie. Gli operatori si stanno concentrando sul fatto che il dato è veramente pessimo, il che potrebbe essere un sintomo di debolezza dell’economia e quindi della capacità delle aziende di generare profitti.