La decisione arriva dopo un 2014 conclusosi in maniera molto positiva.
Termina, dopo poco più di un decennio, un ciclo glorioso. Michale Diekmann ha deciso di lasciare il timone di Allianz dopo 12 anni.
Parole di addio, le sue: “Il 2015 è un anno speciale per il gruppo che compie 125 anni. Ma il vero motivo di soddisfazione è che questo gruppo è riuscito a restare giovane e dinamico attraverso continui cambiamenti senza rinunciare al suo dna”. Il timone del gruppo assicurativo passa adesso nelle mani di Oliver Baete che riceve – ha detto Diekmann all’assemblea dei soci – un gruppo “in buona forma sotto tutti punti di vista” anche se “per una società che opera in un punto in cui si intrecciano politica ed economia, i rischi da gestire per i nostri clienti crescono continuamente”.
Nel salutare i soci, il manager uscente ha ricordato che il 2014 è stato “un anno molto buono per Allianz e l’andamento del primo trimestre sostiene i target” fissati dal gruppo: l’anno scorso la raccolta premi ha superato per la prima volta 122 miliardi di euro (+10%, pari a 11,5 miliardi), il che significa che “la crescita della raccolta premi di un solo anno risulta maggiore della raccolta premi totale della maggior parte degli assicuratori europei”. Nel 2014 Allianz ha conquistato due milioni di nuovi clienti e assicura adesso 85 milioni di persone al mondo.
La prestazione del 2014, la quale evidenzia un incremento dell’utile operativo a 10,4 miliardi e dell’utile netto a 6,22 miliardi (+3,8%), è stata realizzata in un clima che definire “impegnativo” è un eufemismo, ha proseguito Diekmann, a fronte “di una crescita dell’economia molto bassa in Europa nei nostri mercati strategici con conflitti armati che suscitano molta preoccupazione come i combattimenti in nigeria, ucraina e nel medio oriente e le ondate di migranti che attraversano il mediterraneo e testimoniano la brutalità e il caos nel nostro mondo. Non esistono soluzioni identificabili per questi conflitti”.
Inoltre nel mondo occidentale, ha continuato Diekmann, “le banche cercano di stimolare la crescita economica attraverso una politica del costo del denaro basso, che ha come risultato un calo dell’euro e livelli minimi dei tassi di interesse, il che crea sfide a livello di investimenti, maggiori rischi e oneri reali sui risparmi e le pensioni”. A questo si aggiunge il rischio che il Regno Unito possa uscire dall’Europa, mentre la Grecia “sta testando i limiti della solidarietà europea”.