Gli investitori riflettono sui dati Usa, dove sono stati creati 151mila nuovi posti di lavoro a gennaio (meno delle previsioni), ma il tasso di disoccupazione è sceso dal 5 al 4,9% ai minimi dal febbraio 2008. Milano chiude al -2%.
Le incertezze rilevate dai dati sul mercato del lavoro americano fanno cadere le Borse europee, che chiudono la sessione e la settimana in rosso. Milano accusa un passivo del 2,13%, Londra, in rialzo per buona parte della mattina, perde lo 0,86%, Francoforte lima l’1,14% e Parigi lo 0,67%.
Gli investitori riflettono sui dati Usa, dove sono stati creati 151mila nuovi posti di lavoro a gennaio (meno delle previsioni), ma il tasso di disoccupazione è sceso dal 5 al 4,9% ai minimi dal febbraio 2008.
La Fed si trova sempre più in una situazione problematica, perché oltre a interpretare questi dati deve fare i conti con il rallentamento globale e con le tensioni dei mercati che rendono improbabile un secondo aumento dei tassi Usa – dopo quello di dicembre – nell’immediato. Non a caso il governatore della Fed di Dallas, Robert Kaplan, ha detto che la Fed dovrebbe essere paziente nell’alzare il costo del denaro. Se prima dei dati sul lavoro gli analisti erano convinti che il costo del denaro non sarebbe stato toccato per tutto il 2016, l’aumento dei salari ha riportato in agenda la possibilità di una stretta monetaria. Ne ha pagato le conseguenze anche Wall Street, con il Nasdaq in picchiata del 2,7% e il Dow Jones in ribasso dell’1,2%.
Sui listini tratta in rialzo Bnp Paribas sulla scia dei risultati del 2015. L’euro chiude in leggero calo, ma sopra 1,1 dollari; lo spread segna 126 punti base con un rendimento del decennale italiano all’1,56%. L’attenzione degli analisti è rivolta alle prossime mosse delle banche centrali: un intervento a marzo della Bce dopo l’intervento di Mario Draghi al Parlamento europeo. Gli addetti ai lavori si aspettano un taglio dei tassi sui depositi al -0,4%, cui potrebbe far seguito un aumento degli acquisti con il Quantitative easing, mentre Barclays non esclude che il tasso scenda al -0,5% entro fine anno. Sulla stessa lunghezza d’onda potrebbe muoversi la Bank of Japan che la scorsa settimana ha portato in negativo il costo del denaro.