La Corte d’appello di Roma ha deciso il dissequestro della quota dello 0,58% detenuta in Eni da parte della Libia, attraverso il fondo sovrano Lybian Investment Authority
La Corte d’appello di Roma ha deciso il dissequestro della quota dello 0,58% detenuta in Eni da parte della Libia, attraverso il fondo sovrano Lybian Investment Authority. E’ un segnale di distensione per la finanza libica in Italia, dopo che anche altre quote erano state sequestrate a seguito dello scoppio della guerra civile che poi ha portato alla caduta del regime di Gheddafi. La quota in Eni era stata sequestrata assieme alle quote in Unicredit (1,265%) e in Finmeccanica (2%) su richiesta del Tribunale dell’Aja.
Quest’ultimo riteneva che Gheddafi avrebbe esercitato un’influenza su Lia e Lafico, che è un altro fondo investito in Italia. La Lia, guidata ora da Mohsen Derregia, ha fatto ricorso da diversi mesi cercando di provare l’estraneità nella nuova gestione dell’entourage dell’ex didattore. Per Eni è arrivata la fumata bianca, mentre per Unicredit e Finmeccanica bisognerà attendere il 20 settembre prossimo.
La Corte vuole verificare a chi fanno capo le quote rimanenti e soprattutto quali sono gli interessi della Lafico. La Lafico aveva annunciato ricorso, ma alla fine sembra che la domanda non è stata mai presentata. Inoltre, Lafico non ha ancora cambiato gli organi gestionali, come invece ha provveduto a fare Lia da diverso tempo.
La richiesta di dissequestro dei legali di Lia riguardava beni per 1,1 miliardi di euro. L’ex tesoro di Gheddafi, oltre a quote in aziende importanti come Fiat, Fiat Industrial e Juventus Fc, comprendeva anche un patrimonio immobiliare per 100 milioni tra cui anche un bosco a Pantelleria. Prosegue invece il pressing politico della Libia su Unicredit, visto che Tripoli era arrivata a controllare il 7,6% della banca, ma ora è scesa sotto il 5% dopo l’aumento di capitale.