Le borse europee chiudono deboli sulla falsa riga del rallentamento dei mercati asiatici che erano reduci dalla striscia positiva più lunga dell’anno.
Milano fa registrare un calo dello 0,39% finale, in linea con le altre: Francoforte lima lo 0,42%,Parigi lo 0,36% e Londra lo 0,34%. A pesare c’è il calo dei prezzi del petrolio, con i quali i mercati azionari continuano a mostrare una forte correlazione. Debole Wall Street: il Dow Jones perde lo 0,17%, il Nasdaq lo 0,16% e lo S&P 500 lo 0,10%.
L’Italia archivia il miglioramento della bilancia commerciale con l’estero: nei primi due mesi dell’anno è pari a +3,9 miliardi, in aumento rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (+3,6 miliardi). Secondo i dati Istat, l’export nei due mesi è leggermente aumentato (0,1%); nel solo mese di febbraio, le esportazioni sono salite del 2,5% mensile e del 3,3% annuo, se si guarda il dato grezzo. La spinta maggiore è arrivata dal rapporto con i Paesi dell’Ue. Nella zona euro il surplus si è viceversa contratto a 19 miliardi rispetto a un anno prima quando era stato di 20 miliardi.
Le prime indicazioni della mattinata sono giunte dalla Cina, dove il Pil del primo trimestre del 2016 è cresciuto del 6,7%, al ritmo più basso degli ultimi sette anni, ma con segnali di stabilizzazione dell’economia. Si tratta di un dato in linea con le attese degli analisti e nel range del 6,5-7% fissato da Pechino come obiettivo per l’intero anno, dopo il +6,9% del 2015. Tra i segnali più incoraggianti provenienti dall’Istituto Nazionale di Statistica c’è il dato della produzione industriale, cresciuta del 6,8% a marzo, contro un’attesa di crescita del 5,9%. Sono stati positivi anche i dati su vendite al dettaglio e investimenti, ma gli analisti sono preoccupati dalla galoppata del credito. Se questo, da una parte, ha permesso alla vendita di case di balzare del 71% dal marzo 2015, mentre gli investimenti immobiliari sono saliti del 6,2% annuo del trimestre, tra alcuni economisti fa crescere d’altra parte il timore per una bolla.