Negli ultimi mesi la capitalizzazione delle spa italiane quotate è aumentata di 81,2 miliardi (+17,78%), arrivando a 538,28 miliardi. Malgrado giò, gli investitori esteri hanno saputo fare meglio degli altri azionisti di queste società per azioni: il loro tesoretto made in Italy è aumentato del 26,27%, per un ammontare di 276,7 miliardi.
In Borsa il 51% del capitale delle spa è nelle mani di soci stranieri. Lo rivela una ricerca di Unimpresa, svolta su elaborazioni della Banca d’Italia, la quale confronta i dati di fine 2015 con quelli di un anno prima.
Negli ultimi mesi la capitalizzazione delle spa italiane quotate è aumentata di 81,2 miliardi (+17,78%), arrivando a 538,28 miliardi. Malgrado giò, gli investitori esteri hanno saputo fare meglio degli altri azionisti di queste società per azioni: il loro tesoretto made in Italy è aumentato del 26,27%, per un ammontare di 276,7 miliardi. Per la prima volta, dunque, l’azionariato delle spa italiane quotate li vede spingersi al 51,4%, dal 47,95% del dicembre 2014. Al secondo posto tra i “padroni” di spa quotate ci sono le imprese, che però hanno proporzionalmente perso peso, dal 20,82% al 19,27% di fine 2015, per un pacchetto di 103,7 miliardi.
Di seguito le famiglie italiane, prossime alle imprese stesse, che hanno visto il loro appannaggio salire da 64,7 a 66,6 miliardi (+3%), e pesano per un 12,39%. Seguono le banche, che continuano ad avere una presenza di sostegno nel capitale delle spa quotate con il 10,52%, pari a 56,6 miliardi in crescita di 8,1 miliardi (+16,81%) rispetto al 2014. Poi le assicurazioni e i fondi pensione, con un 3,23% che vale 17,38 miliardi. Lo Stato, protagonista se si parla di grandi imprese ex pubbliche, ha invece qui un ruolo ridotto: i suoi titoli azionari quotati qui valgono 13,7 miliardi, e sono il 2,56% del totale, ma in salita di 1,2 miliardi (+10,07%) rispetto ai 12,5 miliardi di un anno prima.
Unimpresa ha esteso l’analisi anche alla società non quotate, e complessivamente l’universo delle spa ha raggiunto un patrimonio di 2.060 miliardi, in crescita del 7,51% a fine 2015, con un ruolo in questo caso egemone delle famiglie (43,27% del capitale totale, e in crescita del 5%), mentre i soci stranieri pesano per il 24,5% con una quota di 504 miliardi, aumentata del 15,6% in un anno. Sono numeri che preoccupano il presidente dell’Unione nazionale di imprese, Paolo Longobardi:
Se da una parte va valutato positivamente l’aumento del valore delle imprese italiane, dall’altro siamo preoccupati: la fortissima crisi che sta colpendo l’Italia più di altri paesi sta consegnando di fatto i pezzi pregiati della nostra economia a soggetti stranieri. Si tratta di colossi finanziari che non sempre comprano con prospettive di lungo periodo o di investimento, ma spesso per fini speculativi.