Dopo i profit warning e il crollo delle quotazioni del petrolio, lo stop al South Stream rischia di essere molto rilevante in termini di entrate.
Sarà un 2015 in salita per Saipem, a seguito dello stop al progetto South Stream. Quest’ultimo è il gasdotto che avrebbe dovuto collegare la penisola di Crimea alla Bulgaria al fine di condurre il gas russo in tutto il Vecchio Continente.
L’amministratore delegato di Saipem, Umberto Vergine, ha illustrato la situazione:
Tutte le clausole contrattuali non ci consentirebbero di avere gli stessi risultati che conseguiremmo se si svolgesse il progetto. Ad ogni modo, se si arrivasse allo stop, per Saipem ci sarebbe un ricavo mancante di 1,25 miliardi di euro nel 2015. E’ un progetto importante e uno stop si tradurrebbe in una carenza di margini significativa e in un fermo delle navi con relativo costo. Il 2015 doveva essere l’anno in cui consolidare la performance e, invece, la strada sarà ancora in salita. Se poi consideriamo anche il calo del prezzo del greggio, l’impatto di questi fattori non sarà marginale.
Saipem si era aggiudicata l’appalto per costruire la prima linea del gasdotto con un contratto da 2,4 miliardi per progettare e poggiare i tubi sui fondali del Mar Nero. Ma Vladimir Putin ha fatto un clamoroso ‘dietrofront’, accusando la Bulgaria e la Commissione europea di non aver collaborato nell’operazione. Così, il gasdotto lungo 931 chilometri, che avrebbe dovuto trasportare 63 miliardi di metri cubi di gas su base annua, rischia di saltare. Per Saipem, a seguito del profit warning e del crollo delle quotazioni del petrolio, le cose continuano dunque a mettersi male. Equita stima che il mancato apporto del South Stream ai conti di Saipem riduce la visibilità per il prossimo biennio. Gli esperti della sim milanese incorporavano per il biennio un contributo di 1 miliardo di euro per il 2015 e di 950 milioni per il 2016 dal South Stream. Stando agli analisti di Goldman Sachs il progetto russo avrebbe contribuito al 37% del risultato operativo.