La Fed attende, le Borse resistono.
Prima di annunciare quando iniziare la stretta monetaria (il costo del denaro non viene alzato dal 2006), i banchieri americani cercheranno di capire come reagiranno i mercati alla frenata del Pil cinese dopo che Pechino ha corretto al 7,3% dal 7,4% la crescita nel 2014.
“Si tratta del ritmo di crescita annuale più basso degli ultimi 24 anni”, spiega il governo che attribuisce il calo “ad un rallentamento dell’edilizia, un indebolimento della domanda interna e alle difficoltà delle esportazioni”. Con Wall Street chiusa per il Labour day, i listini del Vecchio continente riescono comunque a strappare una giornata positiva, nonostante le nuove incertezze sollevate da Pechino. Milano segna un rialzo finale dello 0,7%, in linea con Francoforte. Londra termina gli scambi a + 0,52% e Parigi a +0,59%. L’euro chiude in lieve rialzo a 1,1164 dollari e 133,22 yen in una seduta caratterizzata da scambi limitati a causa della chiusura dei mercati statunitensi. Stabile il cambio dollaro/yen, a quota 119,33. Anche lo spreadtermina poco mosso in area 120 punti base, mentre i Btp rendono l’1,87%. Le prime reazioni ai dati cinesi erano arrivate dall’Asia, dove Tokyo ha chiuso in rialzo dello 0,38% al termine di una seduta ondivaga, mentre in Cina la volatilità è rimasta alta: Hong Kong ha chiuso in calo dell’1,23%, Shanghai ha perso il 2,5% finale. In assenza di dati macroeconomici di rilievo l’Europa guarda alla produzione industriale tedesca salita a luglio dello 0,7% congiunturale e dello 0,5% tendenziale. E’ stato rivisto anche il dato della produzione industriale di giugno da -1,4% a -0,9%. I dati sono inferiori alle attese a conferma del fatto che il rallentamento della Cina ha influssi sull’industria manifatturiera tedesca e – a cascata – sull’export italiano. Fatto che potrebbe penalizzare la crescita nell’ultima parte dell’anno.