La banca centrale di Washington continua a preparare il terreno. E i mercati.
La Fed è stata molto più veloce rispetto all’Europa nel portare il tasso di disoccupazione dal 10% al 5,8% e nell’azzerare in maniera realistica i tassi.
Adesso, rimane da capire in che maniera la Fed interverrà sui tassi americani. È chiaro che questo potrà comportare un effetto ulteriore di trascinamento sul dollaro. Ma quando storicamente il dollaro è salito, i mercati emergenti sono notoriamente scesi.
Per tale ragione, se guardiamo all’evolversi della situazione non è necessariamente scontato che con il biglietto verde americano che sale, tutti i mercati emergenti debbano per forza scendere. Se si analizzano infatti un po’ più attentamente le varie aree dei mercati emergenti ci si accorge che, ad esempio, quelli maggiormente danneggiati sono stati in passato, come correlazione, i mercati emergenti asiatici e i mercati emergenti latino-americani.
Sono stati molto meno danneggiati i mercati emergenti centro-europei. Il percorso di valutazione che dunque bisogna fare oggi su questi mercati deve essere un percorso di valutazione tale da essere realisticamente e radicalmente diverso in confronto al passato.
Un confronto con il passato, probabilmente, non è possibile al 100%.
Vi sono, dunque, aree ed aree. Nel contempo ci sono Paesi e Paesi e politiche e politiche. Ad esempio, molti esperti vedono in maniera favorevole per il 2015 la crescita del Messico. Altri esperti puntano molto sulla crescita della Thailandia e sulla crescita della Malesia. Questi Paesi citati, storicamente, sono stati sempre legati a doppio nodo con la crescita del prodotto interno lordo americano. E sono stati legati in maniera positiva.
Anche l’India e l’Indonesia possono essere viste in maniera favorevole. Si tratta, infatti, di aree in cui le banche centrali si stanno dimostrando autonome e stanno effettuando scelte oculate.