Fra i grandi settori in cui sono ripartite solitamente le aziende, il commercio è quello che ..
In effetti, questa è una conseguenza abbastanza prevedibile dell’onda lunga della recessione nella catena che va dal fornitore al cliente: il commercio ha sofferto solo successivamente rispetto al mondo finanziario e a quello industriale, come effetto-domino della crisi, perciò anche la ripresa, quando avverrà , sarà comunque dopo gli altri ambiti.
Se perciò altrove la crisi è ormai alle spalle, nel commercio essa è tuttora in corso e senza alcuno spiraglio di uscita, almeno per ora. Il problema è che la domanda interna non cresce, sia per la diminuzione del potere d’acquisto delle famiglie che per la rinata propensione al risparmio: i consumatori sono ora molto più attenti a cosa acquistano e a quanto spendono.
Se alcuni comparti soffrono più di altri (dalle macchine elettroniche rivolte alle imprese ai rivenditori dei prodotti in legno), anche quelli meno influenzati dalle difficoltà del momento stanno però ormai andando logorandosi dalla prosecuzione senza fine delle stesse.
I numeri più interessanti vengono dall’analisi dei ricorsi alla cassa integrazione. Fino alla primavera 2009, ossia fino alle prime misure anticrisi, gran parte delle aziende commerciali era totalmente tagliata fuori dalla CIG, giacché essa ha sempre guardato alle aziende medio-grandi. I titolari dei piccoli negozi, dei minimarket e degli altri esercizi di quartiere, perciò, in caso di crisi non potevano far altro che licenziare i dipendenti in esubero.
Ora, con le misure in deroga, la CIG si è estesa anche alle piccole unità commerciali, ma ovviamente tali deroghe non potranno durare per sempre. Comunque, nei primi otto mesi dell’anno sono stati autorizzati 72 milioni di ore di CIG, di cui ben 55 in deroga.
Fonte: Il Sole 24 Ore