La possibilità di una bozza sugli eurobond divide l'Europa tra chi li vorrebbe poiché soluzione ai problemi economici del vecchio continente e che li ripudia poiché curerebbero i sintomi ma non il male profondo.
Chi si aspettava una reazione dei mercati dinanzi ad una simile presa di posizione, contraria persino, come vedremo, alle idee dell BCE (Banca Centrale Europea), è rimasto grandemente deluso, poiché le principali borse europee, prede di se stesse nonché dell’estrema volatilità che le accomuna ultimamente, avevano ben altro di cui occuparsi.
Le reazioni politiche, invece, non si sono affatto attendere, dividendo l’opinione pubblica in due.
A favore di una legge unica e comune che regolamenti l’emissione degli eurobond, così che diventino lo strumento finanziario per eccellenza dell’Unione Europea, si sono schierati i Paesi che oggi, Italia in testa, vedono lo spettro della recessione, a causa del debito pubblico insostenibile, nonché di un costo della vita galoppante, sostenuti da uno dei più esperti ministri economici che il mondo abbia mai conosciuto: Didier Reynders.
Secondo il ministro delle finanze belga, infatti, gli eurobond rappresenterebbero una validissima alternativa al problema del debito, aiutando i Paesi messiin difficoltà dalla crisi a redistribuirlo equamente su tutte e nazione dell’eurozona, così che sia maggiormente gestibile. Queste le sue parole: “Se vuoi bloccare la speculazione dei mercati, devi far capire di aver tasche abbastanza capienti”.
Contro questa legittima opinione, invece, si sarebbero schierati niente meno che Angela Merkel, Nicholas Sarkozy e Jurgen Stark.
I primi due, rispettivamente cancelliere tedesco e presidente francese, nell’ormai storico incontro di martedì 16 agosto 2011, non avrebbero mai menzionato, nemmeno di sfuggita secondo i bene informati, la questione degli eurobond.
L’ultimo, membro del board esecutivo della BCE, ha invece affermato che l’introduzione degli eurobond, il cui rischio a lungo termine sarebbe quello di trasformare l’eurozona in una transfer union, equivarrebbe all’introduzione di una misura cautelare volta a curare i sintomi ma non già la malattia.