I taiwanesi vorrebbero diminuire la loro offerta di almeno 100 miliardi di yen, l'equivalente di 800 milioni di euro: quasi un quinto del valore complessivo.
Se ne è parlato molto a febbrario. Sharp doveva essere la prima azienda giapponese a passare in mani straniere, tuttavia la crisi dei conti complica le trattative tra la taiwanese Foxconn e la società nipponica: a fine febbraio Foxconn aveva messo sul piatto 5,6 miliardi di euro, ma nonostante l’intesa di base la firma sulla accordo non è mai arrivati.
I taiwanesi vorrebbero diminuire la loro offerta di almeno 100 miliardi di yen, l’equivalente di 800 milioni di euro: quasi un quinto del valore complessivo.
La revisione al ribasso dell’offerta è legata alle nuove condizioni dovute al deterioramento dei conti di Sharp nell’anno fiscale che termina a marzo: inoltre, la stima sulle perdite nei prossimi mesi è maggiore delle previsioni. A fine febbraio le due aziende si erano accordate per un’emissione da 3,9 miliardi di euro di nuove azioni Sharp, che avrebbe consentito a Foxconn di rilevare due terzi del capitale sociale dell’azienda nipponica. Le contrattazioni sono entrate in una fase di stallo a causa di nuovi documenti resi pubblici da Sharp solo dopo la conclusione delle precedenti trattative.
Foxconn adesso vorrebbe ridurre l’offerta sotto i 118 yen per azione che inizialmente era disposta a pagare, e limitare l’acquisizione delle azioni privilegiate detenute dalle banche. Il debito dell’azienda con sede a Osaka ammonta a circa 500 miliardi di yen, e già a maggio dell’anno scorso era stato annunciato un piano di salvataggio delle banche da 200 miliardi (1,2 miliardi di euro).
L’operazione permetterebbe di aumentare le sinergie tra i due gruppi: il conglomerato taiwanese è specializzato nell’assemblaggio di componenti utilizzate per gli iPhone, e già  collabora con la stessa Sharp nella produzione di schermi Lcd nello stabilimento giapponese del Kansai. L’offerta concorrente per rilevare Sharp da parte della Network Corporation, una cordata promossa dal governo nipponico, ammontava a meno della metà di quella di Foxconn.