
Tra queste troviamo soprattutto Nestlè che negli ultimi anni ha ceduto numerosi marchi precedentemente acquistati come Motta e Alemagna a Bauli, Buitoni a Mostrolia e acqua Claudia a Tione. Ma pare che questa lista sarà presto arricchita con altri marchi celebri, a confermarlo proprio Nestlè che nei mesi scorsi ha suddiviso i vari rami aziendali in due categorie, prodotti dolciari/da forno e Purina Petcare, allo scopo di razionalizzare i due settori e valutare l’eventuale cessione a terzi.
Secondo alcune indiscrezioni tra i marchi di proprietà di Nestlè candidati alla cessione figurano Recoaro, S. Barando e Antica Gelateria del Corso.
Ma l’esempio di Nestlè non è l’unico, tra i marchi tornati ad essere italiani troviamo Vismara, recentemente acquistato da Ferrarini, le saponette Mantovani tornate ad essere della Farmaceutici Ciccarelli, Leocrema e Vidal che sono stati acquistati da Sodalis, Negroni ceduto da Kraft a Malgara-Veronesi, acqua Ferrarelle ceduta da Danone a Lgr, i caschi a marchio Agv presi dall’italianissima Dainese, Cinzano e Aperol comprati da Campari e Olio Dante che oggi è di Malatuni.
Alcuni esperti hanno attribuito il ritorno in Italia dei marchi made in Italy soprattutto al momento storico che si è rivelato particolarmente favorevole per operazioni del genere. Al momento, infatti, le multinazionali non hanno alcun interesse ad investire in marchi locali mentre per un imprenditore locale acquistare un marchio noto è una vera e propria occasione, soprattutto considerando che quello stesso marchio circa tre anni fa sarbbe costato più del doppio.
Secondo gli esperti, inoltre, rischiano la dismissione alcuni marchi importanti come Plasmon che è stato rilevato dall’americana Heinz e che presenta alcune sofferenze. A Plasmon si aggiungono Parmalat, Mellin e Simmenthal.