
Gli islandesi hanno perciò deciso di non pagare i 13mila euro che sarebbero a carico di ogni cittadino, e com’è ovvio che sia tutti sono andati contro questa legge.
Ora si andrà ad un referendum come previsto dalla Costituzione dell’Islanda, e secondo le prime voci il verdetto sarebbe già scontato, con oltre il 70% di voti favorevoli al provvedimento, ossia contrari alla legge. Il pensiero comune è che non è la gente islandese a dover pagare di tasca propria per gli errori commessi dai banchieri e da chi gestiva la Icesave.
Il presidente ha inoltre raccolto una petizione di 60mila persone (su 350mila cittadini complessivi) che è stata approvata dal parlamento il 30 dicembre scorso, istituendo una garanzia statale per il rimborso dei prestiti che la Gran Bretagna e l’Olanda hanno concesso al Depositors’ and Investors’ Guarantee Fund, per un valore totale di circa 5 miliardi di dollari.
Fitch nel frattempo, ha portato il rating su Reykjavik a BB+ con outlook negativo, mentre Paul Myners, ministro per i Servizi finanziari inglese, ha affermato che la vittoria del referendum vorrebbe dire isolamento totale dal sistema finanziario per l’Islanda.
Ora il governo islandese, come detto da Jóhanna Sigurðardóttir, rivaluterà la situazione.
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