Le indiscrezioni circa una possibile vendita sul mercato di una nuova tranche di titoli nelle mani dell'azionista di controllo gravano sulle azioni della controllata del Ministero dell'Economia.
Poste Italiane è nuovamente lontana dal prezzo di collocamento (6,75 euro) per via delle indiscrezioni sulla possibile vendita sul mercato di una nuova tranche di titoli nelle mani dell’azionista di controllo.
Il ministero dell’Economia sta, in queste ultime ore, valutando l’opportunità di cedere un’ulteriore quota di Poste entro la fine dell’anno: un progetto che potrebbe essere inserito tra le privatizzazioni del documento di economia e finanza di aprile e che sarebbe necessario per permettere allo Stato di centrare il target di introiti da privatizzazioni anche senza la quotazione di Ferrovie dello Stato che potrebbe essere rinviata al 2017.
L’intenzione potrebbe essere quella di replicare dopo l’estate il percorso dell’Ipo di ottobre, quando fu messo sul mercato il 35% del capitale, anche se ogni decisione dipenderà dall’andamento dei mercati (il vincolo al divieto di vendite della azioni da parte del Tesoro scade ad aprile). La società , inoltre, ha appena comunicato i risultati annuali con la distribuzione del dividendo che permetterà al Tesoro di incassare 287 milioni di euro.
Tornando al Def, il governo prevede incassi da privatizzazioni per lo 0,5% del Pil (circa 8 miliardi) in ciascuno degli anni del triennio 2016-2018. Se il Tesoro decidesse di cedere un ulteriore quota di circa il 30%, scendendo dal 65% al 35%, l’incasso, stando al valore di Borsa del titolo, potrebbe aggirarsi sui tre miliardi. Per cedere qualsiasi ulteriore quota, però, dovrà essere modificato il Dpcm che prevedeva che il Mef non scendesse sotto il 60%.
Nel frattempo, a partire dal primo di Aprile Poste procederà alla consegna delle lettere a giorni alterni, in circa 5 mila comuni italiani. “Farò tutto ciò che è nelle mie possibilità per individuare una soluzione, ma mi pare che la posizione di Poste Italiane oggi sia stata molto rigida”, ha dichiarato il ministro per gli Affari Regionali, Enrico Costa. Una delle ipotesi che sembra sul tavolo è quella di chiedere un parere alla Commissione Ue indicando nella novità una deroga al servizio universale.