I burocrati europei avevano già deciso di abolire l’obbligatorietà di pubblicare tutti i numeri delle aziende nelle trimestrali con la direttiva Transparency. Adesso però è arrivato il colpo di grazia. Via la trimestrale in tutto e per tutto: l’Italia si allinea salvo delegare alla Consob, l’Autorità che vigila sui mercati, il potere di chiederla nei casi in cui una mancata comunicazione possa danneggiare il mercato.
Cambio di programma! Una svolta, quantomai, storica. Il consiglio dei ministri tra le attuazioni delle direttive europee che cambiano l’universo delle società quotate decide di dire addio alle trimestrali.
Da oggi le aziende collocate sui listini non avranno più l’obbligo di pubblicare i risultati ogni tre mesi. La giustificazione a monte è che così desidera l’Europa, dopo aver sperimentato che la pubblicazione dei risultati di breve periodo indurrebbe gli amministratori delegati, innamorati dei bonus milionari e non dell’interesse dell’azienda, a impostare i risultati solo di tre mesi in tre mesi al fine di mantenere ben salda la propria poltrona e raggiungere i propri obiettivi di remunerazione, tralasciando i risultati di lungo periodo, così cari invece agli altri stakeholder dell’azienda: i creditori, i fornitori e gli azionisti che si dimenticano i titoli nel cassetto.
I burocrati europei avevano già deciso di abolire l’obbligatorietà di pubblicare tutti i numeri delle aziende nelle trimestrali con la direttiva Transparency. Adesso però è arrivato il colpo di grazia. Via la trimestrale in tutto e per tutto: l’Italia si allinea salvo delegare alla Consob, l’Autorità che vigila sui mercati, il potere di chiederla nei casi in cui una mancata comunicazione possa danneggiare il mercato.
Per combattere il short-termismo (la politica finanziaria di breve periodo) dei manager, esiste in realtà già l’antidoto, ovvero i premi aziendali (stock options e bonus) assegnati non ogni tre mesi, ma ogni tre anni, per esempio. Non esiste invece un antidoto contro la poca trasparenza delle imprese, perché non sapere velocemente come stanno evolvendo i conti delle aziende estromette di fatto dalla partecipazione alla conoscenza della vita societaria gli azionisti che non siedono nel consiglio di amministrazione e tutti gli altri portatori di interesse.
Sarebbero importanti dei buoni sindaci o dei buoni revisori dei conti, ma si sa che sono scelti e pagati dal management per cui affidarsi alla loro opera di vigilanza serve a poco, anche perché si limitano a verificare che uno più uno faccia due e non a sapere se al posto dell’uno andava scritto nel bilancio meno uno.
Togliendo le trimestrali si aboliscono costi e burocrazia, tanto in odio alle lobby delle imprese, ma si innalza il rischio di arrivare a crac societari senza che i più se ne accorgano.