Il comparto del credito bancario in cattiva luce. Volatilità a Wall Street.
Il crollo dei listini cinesi indirizza al ribasso fin dalla prima mattinata le Borse europee, che provano un illusorio recupero con la risalita del prezzo del petrolio tuttavia tornano in profondo rosso sul finale di seduta.
Milano indossa la in maglia nera nel Vecchio Continente: il Ftse Mib chiude facendo registrare un calo del 3,49%. Protagonista delle vendite, malgrado il varo del meccanismo italiano per alleggerire le banche dal peso delle sofferenze, è il comparto del credito con Bpm, Mps, Unicredit, Bper e Ubi che passano anche per una fase di sospensione.
La sensazione degli operatori, a valle dei dettagli tecnici sul funzionamento delle bad bank leggere, è che si tratti di un intervento non sufficiente per liberare i bilanci dai crediti morosi. Gli istituti sarebbero obbligati a vendere ad altri i pacchetti di sofferenze con sconti troppi alti e quindi con esiti peggiorativi per i loro bilanci. In ribasso, con le banche, ci sono le Tlc; fiato corto anche per Fca, venduta all’indomani della presentazione di conti e aggiornamento del piano industriale. Le altre Borse Ue tornano tutte in rosso, dopo una breve risalita nel primo pomeriggio, a conferma della fase di estrema volatilità : Londra segna -0,98% finale, Parigi cede il 1,33% e Francoforte il 2,44%. Il caso di giornata è Deutsche Bank: la prima banca tedesca ha confermato un rosso da 6,8 miliardi nel 2015, frutto della ristrutturazione in atto e dei costi legali.
Anche a Wall Street la volatilità regna sovrana, con gli indici che cambiano più volte colore: alla chiusura dei mercati Ue il Dow Jones sale dello 0,35%, lo S&P500 aggiunge lo 0,45% e il Nasdaq lo 0,75%. Resta centrale, per gli operatori, la dinamica del prezzo del petrolio che in questa fase di mercato ha una fortissima correlazione con l’andamento azionario. In un primo momento, dalla Russia sono rimbalzate voci di un avvicinamento con l’Arabia Saudita per la gestione di questa fase di sovra-produzione: si è diffusa la convinzione che Riad potesse aprire a un taglio delle estrazioni, alimentata proprio dai ministri russi.