Il ceo Converti è fiducioso. La crisi favorisce, paradossalmente, il digitale. Il gruppo, nato nel 2013, ha guadagnato circa 48 milioni di euro nell'ultimo semestre.
Nata dall’unione di Libero e Matrix, da qualche tempo Italiaonline ha annunciato la sua quotazione in Borsa. L’Ipo si chiuderà mercoledì e ha sopreso numerosi addetti ai lavori. Essa avviene in un momento di difficoltà per il mercato. Basti pensare che Sisal ha rinunciato a Piazza Affari per via di un feedback non proprio positivo. La società , nata nel 2013, ha invece deciso di andare fino in fondo cercando capitali nel prestigioso settore Star. Sul piatto Italiaonline ha messo il 35% del suo capitale, per un valore complessivo che oscilla tra i 325 e i 390 milioni. Siamo lontani dalle cifre di altri colossi, ma si tratta di un capitale più che dignitoso. Lo è ancor di più se si pensa che il comparto al quale si fa riferimento è quello del digitale. Questo ‘universo’, negli ultimi anni ha prodotto uscite pari a 8 miliardi di euro.
Italiaonline, però, ha un motto ben preciso, quasi nichilistico: “La crisi aiuta il digitale”. E soprattutto può contare su numeri solidi. Vanta 15,3 milioni di utenti unici al mese, cifra che la configura come una delle più importanti realtà del web. Inoltre, non ha debiti, è in crescita, e viaggia sulle ali dell’entusiasmo dopo l’esito positivo delle operazioni legate a Zalando e Alibaba.
Dati alla mano, negli ultimi sei mesi i ricavi del gruppo sviluppatosi dopo l’acquisizione di Matrix da parte di Libero S.p.A., sono ingenti: un Ebitda pari a 15 milioni, per una crescita superiore al 12%, e ricavi per 47,6 milioni di euro.
Queste le parole del Ceo Antonio Converti:
Non cresciamo solo come ricavi ma anche come marginalità : siamo al 35% e come Libero da solo viaggia sopra 40%. Nel 2013 il mercato italiano della pubblicità digitale si è attestato su circa 1,25 miliardi di euro. Il 50% del mercato digitale è controllato da Google e Facebook mentre noi siamo terzi e più di due volte il quarto attore. Ma la penetrazione del digitale arriva appena al 15% del totale. Questo è un buon segnale perché in Spagna arriva al 20% e in Gran Bretagna siamo ormai alla pari. Con la crisi la penetrazione del digitale sta accelerando.